Alice Miller
Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé.
15 x 22 – 130 pag.
Bollati Boringhieri – 1996

Ogni azione umana veicola un’emozione. Così afferma Alice Miller in questo bel saggio, ed io, mentre rimembro le prime parole udite all’università ( primo è il pensiero ) mi ritrovo a disagio, stretto tra l’apparente scientificità di questi enunciati e l’esperienza riabilitativa quotidiana, fatta di gesti emotivi distorti dalla malattia, di corpi che sono emozione, di pensieri che si manifestano dopo l’azione , non prima.

Ma la psicologia non ci sta: tracciate le coordinate del proprio ambito di studio, lo studioso della psiche ha dimenticato la fonte di tutto quanto va sotto l’etichetta di pensiero, quella originaria capacità di arrestare il movimento propria della specie umana che, sola, permette l’emergere della coscienza.

Il raggiunto controllo del tempo e dello spazio strappa al primo uomo un suono di stupore e di meraviglia: oooh! e lo ferma.

PRIMO E’ IL GESTO, il gesto di fermarsi.

La biomeccanica umana è fatta per essere circoscritta: troppi i gradi di libertà, è necessario un continuo contenimento della nostra presenza al mondo; da questa capacità di fermarsi nasce il pensiero.

Quindi, ogni azione umana è la manifestazione di una emozione.
Trattenuta o dichiarata, l’emozione dà comunque forma al nostro essere, ci presenta al mondo. Per questo possiamo chiederci: quali emozioni si nascondono dietro al desiderio di sentirsi dire “bravo”? Cosa spinge una persona ad occuparsi dell’altro, di chi sta male, di chi soffre?
Quali fantasmi si nascondono dietro alla capacità di essere comprensivo?

Se lo scopo di questa rubrica è un viaggio nel corpo, conviene prepararsi a mettere in gioco prima di tutto se stessi: perché una persona decide di diventare riabilitatore?
In maniera ancora più pertinente conviene chiedersi: da dove derivano l’ottima capacità introspettiva e la tecnica eccellente che contraddistinguono il bravo terapeuta?

Alice Miller ci guida lungo la via della consapevolezza di ciò che è stata la nostra infanzia, con le sue verità e le sue illusioni.
Non possiamo cambiare neppure una virgola del nostro passato, né cancellare i danni che ci furono inflitti nell’infanzia. Possiamo però cambiare noi stessi, riparare i guasti, riacquisire la nostra integrità perduta. Possiamo far questo nel momento in cui decidiamo di osservare più da vicino le conoscenze che riguardano gli eventi passati e che sono memorizzate nel nostro corpo, per accostarle alla nostra coscienza. Si tratta indubbiamente di una strada impervia, ma è l’unica che ci dia la possibilità di abbandonare la prigione invisibile – e tuttavia così crudele – dell’infanzia e di trasformarci, da vittime inconsapevoli del passato, in individui responsabili che conoscono la propria storia e hanno imparato a convivere con essa ( pag.11 )”.

Un libro per iniziare a riflettere, che non affronta ancora il concetto di corporeità in quanto tale, ma ci permette un primo allontanamento dalle nostre usuali modalità di pensiero capaci, in prima battuta, unicamente di dividere il corpo in psiche e soma.
Un libro di transizione, per partire con il piede giusto.

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